LA PASTICCERIA È (ANCHE) DONNA
7 Gen 2021

Laura Zilio, padovana doc e pasticciera di professione, è la rappresentazione perfetta della determinazione. Simpatica e tostissima, fin dai primi lavori nella sua città natale, Laura ha dimostrato come tenacia e umiltà possano portare a toccare le vette più alte e alla realizzazione dei propri sogni.
-Come è stato il tuo ingresso nel mondo del lavoro?
Credo che le esperienze di ognuno siano differenti, per quello che posso dire della mia storia personale, però, è stata una vera e propria guerra! La determinazione, per andare avanti, è fondamentale. Io stessa ho iniziato a lavorare non come pasticcera, ma come banconista, dopo che mi era stato detto che solo quello avrei potuto fare in quanto donna.
-Nel corso della tua carriera quindi ti è capitato di essere trattata diversamente in quanto donna? Hai mai avuto la percezione di dover fare più fatica rispetto ai colleghi maschi?
Sì, per l’appunto soprattutto all’inizio. La mia occasione è arrivata solo per caso: il laboratorio era sovraccarico di lavoro e sono stata mandata lí a dare una mano. Da quel momento è iniziata la scalata. Intendiamoci, non sono arrivata subito alla pasticceria vera e propria, la gavetta è stata tanta: pulire le pentole, scaricare i sacchi di zucchero… avevo sempre degli ostacoli da superare, come ad esempio dover dimostrare, oltre a tutto il resto, che ero in grado di sopportare la fatica del lavoro fisico. Ho tenuto duro e ho mostrato la mia determinazione, finché finalmente sono passata al laboratorio a tempo pieno.
– Hai avuto un’esperienza lavorativa anche nel Regno Unito: hai notato, in positivo o in negativo, differenze con l’Italia?
Credo che come per tutte le cose dipenda dal posto in cui capiti. Caso vuole che anche lì fossi l’unica donna e oltretutto la più giovane, la “piccolina”. Avevo solo 21 anni e sono arrivata per prendere le redini della pasticceria del Burnham Beeches Hotel per l’apertura di una start up della casa di moda Laura Ashley. L’accoglienza dello chef, che mi aveva voluta come primo pasticcere, è stata grandiosa, ma l’ambiente circostante era molto difficile… le insinuazioni e le ripicche erano all’ordine del giorno.
– è dunque ancora presente una sorta di “maschilismo” in questo settore oppure ormai è la sola meritocrazia, come dovrebbe essere, a essere l’ago della bilancia?
Purtroppo noto ancora tante storie come la mia, tante ripicche e poca riconoscenza per il merito. Specie per le donne, la pressione psicologica è tanta. Le brutte esperienze ti fortificano, si arriva a costruirsi una sorta di immunità, ma è difficile. Bisogna sempre tenere a mente che spesso un cattivo comportamento è dettato dall’ignoranza e che questo non ti deve toccare. Non devi mai svalutare te stessa.
– Attualmente sei Pastry Chef presso Campzero. Ora che sei ad un livello alto la situazione è cambiata?
Devo dire che il vero cambiamento è avvenuto quando, dopo l’esperienza in Inghilterra, ho iniziato a lavorare per il ristorante dello chef Emanuele Scarello. Avevo 22 anni ed era la mia prima esperienza in uno stellato. E mi sono ritrovata a gestire la pasticceria di un due stelle Michelin! Chef Scarello, che stimo moltissimo, ha scommesso sul mio talento e mi ha dato completa fiducia. Da quel momento ho iniziato a sentirmi davvero valorizzata a livello lavorativo.
-Quanto contano, a parere tuo, la preparazione e lo studio per arrivare all’eccellenza in questo settore e quanto invece l’abilità e il talento naturale?
Credo che l’inclinazione sia essenziale, molte persone infatti nascono con capacità e sensibilità uniche, ma credo anche che un talento senza esperienza, che non si impegna, sia destinato a rimanere indietro. La dedizione e l’allenamento sono essenziali.
-Esiste quindi una sorta di aggiornamento nella formazione? È necessario seguire con costanza dei corsi di aggiornamento?
Ognuno sicuramente trova la propria strada da seguire e frequentare corsi è senza dubbio una di queste. Un’altra è rimanere aggiornati tramite i colleghi: il confronto, anche a livello umano, è importantissimo. Io stessa ho imparato tantissimo da colleghi ma anche da stagisti e commis. Non è detto che anche da chi nella gerarchia lavorativa è “sotto” di te non si possa imparare. Il mio approccio è incentrato sul lavoro di squadra. Non amo dare ordini, preferisco conquistare la fiducia dei miei collaboratori. Se dimostri il tuo valore, anche con umiltà, e trasmetti sicurezza alla tua brigata, valorizzando le persone, i risultati arrivano da sé.
– Quanto incide secondo te l’innovazione tecnologica nel lavoro di un pasticcere?
Moltissimo. Dai semplici forni, ormai estremamente performanti, alle nuove macchine, come quelle per il sottovuoto. Lo stesso stoccaggio degli alimenti, ad esempio, è cambiato, con freezer che consentono la manutenzione delle caratteristiche organolettiche dei cibi per molto più tempo. Rimane il fatto che senza un’ottima tecnica, anche con la tecnologia più all’avanguardia, il prodotto perfetto non viene.
– Parlando di attualità, moltissimi settori, tra cui la ristorazione, hanno subito ingenti danni a causa della pandemia globale di Covid-19. Che effetti ha avuto, secondo te, nel mondo della pasticceria?
Il settore ristorativo, come quello alberghiero, dove lavoro attualmente, purtroppo ha risentito molto della pandemia. È vero che l’Italia è la culla della cultura del buon cibo e fortunatamente reinventandosi con servizi di delivery e quant’altro si è più o meno riusciti a mantenere una clientela che non ha rinunciato al prodotto artigianale, anche se purtroppo talvolta non è sufficiente: le limitazioni infatti stanno svantaggiando drasticamente molte zone e obbligando le persone a scegliere per ciò che possono raggiungere e permettersi.
Per molte aziende i costi stanno diventando insostenibili, avendo oltretutto investito moltissimo per mettersi a norma, e si sono viste costrette a chiudere, si spera momentaneamente.
Da ultimo, ricordiamo che dietro la figura del pasticcere, del cuoco, c’è spesso quella dell’imprenditore, che sente il peso anche di tutti i dipendenti che fanno parte della sua impresa.
-Come vedi il futuro di questo settore? Si stanno aprendo nuove possibilità per i giovani?
Tenendo a mente quanto detto prima sulla pandemia è necessario precisare che anche per i giovani professionisti saranno tempi duri, lo spazio è poco sarà difficile affacciarsi in questo settore.
Più in generale, nella pasticceria c’è una continua evoluzione, molto costante e soprattutto veloce. Mi viene in mente l’avvento dei social network, che sono diventati uno strumento di conoscenza e diffusione incredibile. Lo stesso lavoro del pasticcere è diventato molto più mediatico. Le persone sono più preparate e sensibili all’argomento, possiamo dire che c’è stata un’evoluzione collettiva del gusto. Il che però può essere un’arma a doppio taglio, perché crescono anche gli “improvvisati del mestiere”: spesso dai social si trasmette un’immagine sbagliata del nostro lavoro, riducendo la pasticceria a semplice produzione di “cose belle”, vanificando tutto lo sforzo di cura del gusto e del buono che invece deve essere alla base della pasticceria.
Spero possa esserci anche un’evoluzione a favore delle donne, credo che tutto stia all’educazione delle nuove generazioni: imparare l’importanza della parità dei sessi, che la donna non è più debole dell’uomo, che una brigata ideale è composta sia da uomini che da donne, che si completano, apportando ciascuno delle caratteristiche essenziali.